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Su cinque stelline quante gliene vuoi dare a Carver?
Cinque. Non si scappa. Carver è una conferma; è la costante presenza della vita nei suoi racconti che ti impone il giudizio maggiore.
Cinque stelline.
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La raccolta Cattedrale è straordinaria, capace di intrecciare gli stessi temi, dentro a vite simili ma totalmente opposte, spesso innaffiate dall’alcool e affondate dentro il bicchiere. Gli eventi veri sono già successi, qui si traggono per lo più le conclusioni di ciò che è successo, dentro e fuori le persone. Il punto di arrivo dei personaggi è lo spettro di se stessi, è l’incontro con ciò che si sono in parte negati in precedenza. Mi dispiace, ma non posso mica parlare come qualcuno che non sono. Non sono un’altra persona, dice il Wes del racconto La casa di Chef.Ho spesso trovato più vita dentro i racconti di Carver che nelle giovani coppie che il sabato pomeriggio affollano il centro della mia città. In Carver l’inesorabilità di ciò che accade è una forza che non esplode rumorosamente, ma ci pone costantemente di fronte la precarietà di noi stessi, come il pino che fa da copertina a questa nuova serie della Einaudi per le raccolte di racconti di Raymond Carver.

Perché c’è sempre un mondo nel quale noi balliamo, siamo instabili e che ci balocchiamo di governare, ma non è così. Di questo mondo sono coscienti i due genitori del miglior racconto della raccolta (che avevo già letto in altre raccolte più o meno ufficiali), Una cosa piccola ma buona. Il giorno del compleanno del loro unico figlio, quest’ultimo viene investito da un’auto. I due passano alcuni giorni all’ospedale con la speranza che il piccolo Scotty si risvegli, assillati dalle telefonate del pasticciere al quale era stata ordinata una torta per il compleanno, mai festeggiato, di Scotty. Il racconto termina con l’incontro fra il pasticciere e i due genitori, e con la consapevolezza che nessuno dei tre poteva fare ciò che non era in suo potere. Quindi, molto poco.

Di quel poco che riusciamo a fare, ci ricorda comunque Carver, non siamo poi così convinti e sicuri. In Da dove sto chiamando J. P. racconta la sua vita al narratore. Entrambi sono in una struttura per il recupero degli alcolisti. J. P. gli racconta di quando ha iniziato a bere sempre di più, e il narratore non trovando alcun motivo plausibile, nel suo racconto, del perché J. P. avesse dovuto affogarsi nell’alcool si chiede: chi può mai sapere perché facciamo le cose che facciamo? 

Voto: 5/5

Raymond Carver
Cattedrale
traduzione italiana: Riccardo Duranti
presentazione: Francesco Piccolo
Einaudi Super ET
pp. 230
€ 12

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